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Morire di discoteca
Si è lavorato, con un successo non quantificabile, per liberare le discoteche dalla droga, si cerca di contenere l'abuso di alcol fra i giovani, non si riesce a liberare le discoteca dalla cosa più pericolosa: la violenza degli esseri umani. Si può morire per un conflitto in discoteca, morire di botte. Il clima della discoteca favorisce una regressione verso comportamenti primitivi che riportano il confronto fra maschi ad epoche in cui la civiltà non aveva fatto ancora grandi passi. L'ambiente della discoteca è estremamente particolare. C'è una moltitudine di femmine, agghindate al meglio della seduttivitá sessuale. È una massa di "donne d'altri" che eccitano il desiderio e preparano la sfida. Così si può morire o diventare assassini perché tutto é sfida. Tutto è facile onta. La musica con il suo volume esplosivo rende difficile il contatto verbale, facendo regredire al linguaggio del corpo. Allora entra in gioco l'immagine di sè, possibilmente scolpita in palestra e da qualche correzione chirurgica, nonostante la giovane età. I movimenti diventano comunicazione, é fondamentale suscitare ammirazione, perciò un piccolo incidente di "traffico" nei movimenti nella ressa, pone il problema di reagire sul principio del "farsi rispettare". Altrimenti si perde in immagine. Fin qui siamo a livello di scintilla, non necessariamente nasce un incendio. Il più delle volte finisce con qualche frase di cameratesca pacificazione " ...dai zio, tranquillo, non è successo niente..." qualche volta invece la scintilla, in alcune persone, trova la benzina dell'odio che scorre sotto pelle, figlio di vicende familiari complesse o di vissuti in nazioni difficili, dove la guerra è ancora di casa. A questo livello il pericolo è alto perché una carica d'odio, a sua volta conseguenza di un dolore intollerabile per la mente che così lo trasforma, è come un gas compresso che se trova una via di sfogo ci si infila. L'odio sceglie grossolanamente i suoi oggetti, forse perché nelle lotte fra le orde tribali non si potevano fare molte analisi ed il nemico veniva classificato su pochi segnali di aggressività potenziale, al fine di colpire prima di essere colpiti. Dietro ad ogni atto di aggressione c'è un processo di semplificazione che con poche fulminee operazioni conduce a definire qualcuno come nemico. Da quel momento non è più un tuo simile. Tale processo si è conservato nel corso dell'evoluzione ed è sempre lì pronto all'uso. Nessun soldato sparerebbe senza questa semplificazione. La necessità di incrementare e qualificare gli addetti alla sicurezza nelle discoteche è il segno della trasformazione dei "locali da ballo" in locali da "sballo" (si traduca, senza pensieri, senza ansia, senza il mondo fuori, senza preoccupazioni, senza apatia pieno di "carica", confuso con il corpo e con la musica...) con tutto quel che ne può conseguire. Purtroppo quando l'eccitazione è tanta lo è pure la reattività, sua parente stretta. Sicuramente occorrono molti occhi per sorvegliare, umani ed elettronici, "pompieri di conflitti" e chissà mai forse una "patente" per frequentare questi luoghi che attesti "l'idoneità civile" e venga ritirata per sempre in caso di azioni violente, speriamo senza morti. È troppo controllo? È una intromissione della privacy? Un solo morto per futili motivi è troppo! È insopportabilmente troppo! Per capirlo occorre mettersi nei panni dei genitori della vittima. Occorre ricordare che quel ragazzo non esiste più. É una perdita irreversibile. Il paradosso più amaro è che non è morto nell'eroico tentativo di scalare una difficile cima inviolata, o tentando una qualunque pericolosa impresa, facendo una scelta pericolosa con consapevolezza. Era lì per passare una serata piacevole.
Dottor Furio Ravera