Isabel Fernandez
Psicologa - Psicoterapeuta - Trainer e Supervisore EMDR - Presidente EMDR Europe Association
Paola Sidoli
Psichiatra - Psicoterapeuta - Terapista EMDR
Claudia Bernasconi
Psicologa - Psicoterapeuta - Insegnante di Mindfulness - Terapista EMDR
Selene Bosisio
Psicologa - Psicoterapeuta - Terapista EMDR
Valeria Spagnuolo
Psicologa - Psicoterapeuta - Terapista EMDR
Annamaria Lorenzetti
Psicologa - Psicoterapeuta - Supervisore EMDR
Georgia Vasio Perilli
Psicologa - Psicoterapeuta - Supervisore EMDR
Stefania Sacchezin
Facilitator - Supervisore EMDR
Tutti noi, per il semplice fatto di vivere, siamo esposti all'eventualità di sperimentare traumi psicologici (dal greco "ferite dell'anima"). Esistono traumi che si possono definire "con la T maiuscola": sono ferite importanti che minacciano la nostra integrità come calamità naturali, incidenti stradali, aggressioni, stupri, omicidi o suicidi di persone care, diagnosi infauste. Ma vi sono anche traumi "con la t minuscola", esperienze che sembrano oggettivamente poco rilevanti ma che possono assumere un peso soprattutto se ripetute nel tempo o subite in momenti di particolare vulnerabilità o nell'infanzia. E' allora che umiliazioni, abbandoni, trascuratezze, paure, possono lasciare il segno. Modificando non solo i nostri atteggiamenti, le emozioni e le relazioni con gli altri nel corso della vita ma, questa è la novità scientifica, imprimendosi anche in specifiche aree del cervello, come hanno dimostrato studi all'avanguardia nel campo della neurobiologia. Ciò vale sia per i traumi maggiori come per quelli minori.
Per guarire, la nostra mente mette in campo le proprie risorse. Perché, così come siamo dotati di un sistema immunitario che provvede a guarire le ferite fisiche, vi è anche un naturale e intelligente sistema di riparazione dei traumi psicologici. Gli eventi traumatici, in questi casi, non vengono cancellati ma rielaborati in modo adattivo, permettendoci di andare avanti spesso con risorse aggiuntive che ci serviranno per affrontare altre difficoltà. Il passato, in questi casi, resta nel passato e noi possiamo proseguire sul cammino della vita. Quando un trauma rimane irrisolto, invece, diventa parte di un circolo vizioso di pensieri, emozioni e sensazioni corporee disturbanti. E' in questi casi che la terapia con EMDR può essere molto efficace per permettere al cervello di elaborare gli aspetti più disturbanti di queste esperienze stressanti di vita.
L'EMDR (dall'inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing ovvero desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un trattamento psicoterapeutico scoperto nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro. Utilizzato in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici ha ricevuto negli anni abbondanti supporti clinici coinvolgendo psicoterapeuti, ricercatori della salute mentale, neurofisiologi. Oggi è considerato il trattamento evidence-based per il DSPT (Disturbo da stress post traumatico), validato da più ricerche e pubblicazioni di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma. E' approvato, tra gli altri, dall'American Psychological Association (1998-2002), dall'American Psychiatric Association (2004), dall'International Society for Traumatic Stress Studies (2010), dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2013 e dal nostro Ministero della Salute nel 2003.
Gli aspetti vincenti dell'EMDR sono la rapidità di intervento, efficacia e la possibilità di applicazione a persone di qualunque età, compresi i bambini.
La seduta di EMDR
Inizialmente lo psicoterapeuta che ha ricevuto la specifica formazione in EMDR raccoglie la storia del paziente, identificando con lui gli eventi che hanno contribuito a sviluppare il problema: attacchi di panico, ansie, fobie. Sono questi ricordi che verranno elaborati con l'EMDR. Il paziente viene invitato a notare i pensieri, le sensazioni fisiche e immagini collegati con l'esperienza traumatica, nel contempo il terapeuta gli fa compiere dei semplici movimenti oculari, o procede con stimolazioni alternate destra-sinistra. Tali stimolazioni hanno lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali e si basano su un processo neurofisiologico naturale, simile a quello che avviene nel sonno REM (fase del sonno in cui si sogna). Dopo l'EMDR il paziente ricorda ancora l'evento ma sente che tutto ciò fa parte del passato ed è integrato in una prospettiva più adulta. Dopo una o più sedute i ricordi disturbanti legati all'esperienza traumatica si modificano: il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall'evento, i pensieri intrusivi si attutiscono o spariscono, le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità.
Studi randomizzati controllati hanno dimostrato che nel giro di 3-6 sedute si ha dal 77 al 100% di remissione del DSPT in vittime di traumi singoli mentre occorrono almeno 12 sedute per vittime di traumi multipli come per esempio nei reduci di guerra.
La tendenza oppressiva a rivivere il trauma attiva le reti neuronali coinvolte nelle risposte legate alla paura, causando modificazioni in specifiche aree del cervello. Uno degli studi più recenti (2012) realizzato dal neuroscienziato Marco Pagani dell'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR di Roma in collaborazione con il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell'Università Tor Vergata, è il primo al mondo a dimostrare gli effetti in tempo reale di una terapia psicologica. La ricerca ha coinvolto dieci soggetti con grave trauma psichico e dieci controlli sani non traumatizzati. Con la tecnica della neuroimmagine funzionale si è dimostrato che esiste un cambiamento significativo nell'attivazione delle aree cerebrali dopo la terapia con EMDR, da regioni limbiche con una valenza emotiva elevata a regioni corticali con una valenza associativa. In pratica, l'EMDR trasforma l'esperienza da emotiva in cognitiva, in cui diverse regioni cerebrali partecipano all'elaborazione dell'esperienza.
In seguito a una psicoterapia con EMDR il soggetto rafforza gli aspetti della sua autostima, è più centrato sui qui e ora e sul senso del sé, ha più fiducia nelle sue capacità e nel suo valore come persona. Gli eventi traumatici perdono così l'iniziale impatto emotivo per venire trasformati in una risorsa positiva.